venerdì 23 dicembre 2011

Wrath of the Titans


Ho visto Clash of the titans al cinema. E' stata una delle cose più divertenti che ricordi, il film era terribile, la sceneggiatura semplicemente ridicola, il 3D assente. Eppure mi sono divertito tanto a vederlo, probabilmente merito di quel genio del mio amico Cirincione che per tutto il film ha fatto una telecronaca fitta delle assurdità della pellicola. Comunque sia, è uscito il trailer del sequel di Scontro fra titani, un bel polpettone action con gli effettoni speciali che poi quando li vedi in sala fanno schifo e la colonna sonora rock che da quando l'ha fatto Snyder non si può prescindere.
Mi sa che non ho messo abbastanza virgole, che ho sbagliato un po' di sintassi, ma questo articolo doveva essere così, come il film che andrò a vedere: un po' alla cazzo di cane!


Ora rozzo è rozzo, farà schifo, ma io sono un'inguaribile romantico e penso sempre che se nei film si fa a botte poi un po' mi piacciono.

MM

giovedì 22 dicembre 2011

Half-Life 3


Potrebbe avvicinarsi la fine del mondo, e uno dei segnali è questo: http://www.black-aperture.com/
Il sito è autentico, o almeno lo sembra molto, il web è impazzito, io ho comprato un piede di porco.

[EDIT]
Sembra si tratti di un fake, ma ormai ho il piede di porco quindi andrò a menare quei facili entusiasti che postano subito le notizie sul loro blog senza neanche andare a controllare.

mercoledì 21 dicembre 2011

Lo Hobbit


Annuncio-telegramma
Primo trailer per il lavoro di Jackson,  primi brividi da fan. Amore a prima vista per Martin Freeman nella parte di Bilbo. Trailer dai ritmi lenti, ancora presto per dare giudizi. Stop.


lunedì 19 dicembre 2011

Scherlock Holmes a Game of Shadows

Sherlock Holmes 2 é sicuramente in larga scala: più esplosioni, più sparatorie, più scazzottate. Il primo film si reggeva su un sottile equilibrio tra il mito di Sherlock Holmes, le faccette di Robert Downey Junior e i rallenti esasperati di Guy Ritchie. L'aumento di proporzioni del film, l'arrivo di Moriarty e l'investigazione che diventa internazionale, rompono l'equilibrio mostrando più di una magagna.

Lo Sherlock di Doyle, sparisce completamente sostituito da quello che sembra più un supereroe alla Midnighter, in grado di prevedere letteralmente il futuro prossimo. Non sono un tradizionalista, ma l'esasperazione delle capacità deduttive di Holmes vengono utilizzate dallo sceneggiatore senza criterio, applicandole a deduzioni che sarebbero anche alla portata dell'ispettore Clouseau. Esemplare è il momento in cui Holmes, Watson e la zingara (vi prego di non fare domande sulla zingara ci arriverò) sono intrappolati in una cantina sede di un gruppo anarchico. Per scoprire che il camino nasconde un passaggio segreto ci sorbiamo cinque minuti di rallenti e flashback, quando in Scooby doo, di passaggi del genere ne scopriva dieci a puntata Shaggy...Shaggy!
Oltre queste grosse cadute di stile, Guy Ritchie si dimentica totalmente il fattore investigativo, le deduzioni di Sherlock sono disumane, non geniali.

Le faccette di Robert Downey Jr fanno ridere per la prima mezz'ora, poi diventano la punteggiatura tra un rallenti e un costume buffo. La comicità concitata del primo film lascia il posto a una serie di gag da piccole canaglie, esagerate e caricaturali, confinanti con la rozzezza e sconfinanti nel caso di Mycroft che, senza motivo, fa colazione completamente nudo difronte alla moglie di Watson.
3,2,1 e... Faccetta!
Un ultimo commento sugli zingari. Nel film c'è un gruppo di zingari che vive nella bucolica campagna parigina che aiutano Holmes e Watson. Non sono gli zingari divertenti di The Snatch, né quelli magici della tradizione, né i ladri delle storie d'avventura. Sono zingari inutili, i loro nomi li conosciamo un momento prima che il cattivo di turno gli spari alle spalle, piangiamo le loro morti con l'indifferenza di chi ne molla una in metro. Il loro unico merito è farci capire quanto Guy Ritchie si sia dimenticato della mitologia di Doyle, regalandoci una scena terrificante in cui, incurante della sua zoppia, Watson balla la giga al campo zingaro.

La delusione è stata grande, non mi va neanche di scherzarci troppo perché le vacanze di natale mi stanno deprimendo e riponevo molte aspettative nel film. Per fortuna è in arrivo la nuova stagione di Sherlock alla BBC, quindi fate come i grossi mammiferi, andate in letargo per le vacanze natalizie, rivedete il Giorno della Marmotta, Gremlins, S.O.S. Fantasmi e aspettate il disgelo.

MM

domenica 11 dicembre 2011

The Clone Wars e l'attesa per The Old Republic



Sono in preparazione Star Wars: the Old republic, ho tirato fuori la spada laser giocattolo, giro per casa con l'accappatoio marrone e provo a spostare gli oggetti con il pensiero, sono quasi certo che ieri il mio cappello di Indiana Jones si sia mosso sul tavolo. Oltre a fare il cretino mi sono anche rivisto tutti i film della saga e ho cominciato a vedere The Clone Wars la serie in animazione digitale dedicata al lungo periodo di tempo che intercorre fra episodio II ed episodio III.
Avevo sempre sospettato fosse una roba da bambini, ma visto che sto seduto a scrivere con un spada di plastica sulle gambe non sono è che possa fare troppo lo schizzinoso. Come spesso succede però le apparenze ingannano e la serie televisiva della Lucas Art mi ha stupito. In poco più di una settimana mi sono sparato la prima e la seconda stagione. La verità è che, come tutti gli appasionati di Star Wars, sono affamato di informazioni sul mondo dei Jedi e The clone wars è uno spaccato completissimo della vita nella repubblica, allarga gli orizzonti dei film raccontando storie dietro la storia, rivelando retroscena politici e militari. I protagonisti delle puntate sono in primis Obi Wan, Anakin e la sua giovane padawan Ashoka Tano, una giovanissima Togruta (per capirci quelle con i codini in testa). Come vi ho detto però The Clone Wars allarga di molto gli orizzonti incentrando puntate su i droidi di Anakin, sui cloni, su Padme e, ahimé su Jar Jar Binks (una sola puntata a stagione comodamente saltabile). La sorpresa più grande sono state le puntate incentrate sulle truppe dei cloni, tutti uguali e tutti diversi, dotati di una fortissima unità di gruppo e grandi individualità. Nota ultra-nerd: viene spiegato, all'inizio della seconda stagione il motivo per cui i troopers dei film della triologia originale non siano fichi come quelli che combattono la guerra dei cloni e non riescano a sparare a un rankor nemmeno se quello è addormentato. Il dna di Jango Fett, utilizzato per creare l'esercito di cloni, sembra si deteriori con l'uso, dando vita a squadre sempre più scadenti. Questa è solo una delle mille chicche che ci regala la serie animata che mette in campo un comparto grafico davvero ad alto livello e un design dei personaggi a cui poi si è ispirato il gioco in uscita della Bioware. Le storie, soprattutto le One-shot sui cloni, sono davvero appassionanti e le grandi scene di guerra d'impatto. Devo ammettere che in questo momento vedrei qualunque cosa con il marchio giallo e nero e le musiche di John Williams, ma sono altrettanto sicuro che The Clone Wars sia uno splendido intrattenimento in attesa di mettere le mani sul più bel gioco di tutti i tempi, sì lo è già prima di uscire e non voglio sentire nessuno lamentarsi del suo predecessore Star Wars Galaxies.

MM

Video Bonus con delle favolose scene di combattimento tra jedi tratte dalla serie in cui si vedono davvero delle bellissime coreografie.

sabato 10 dicembre 2011

Diablo 3 uscita



Niente di ufficiale sia chiaro. La Blizzard insiste con il suo "uscirà quando sarà pronto". La verità è che se vanno avanti così non sarà mai pronto.

Comunque in rete iniziano a circolare rumors circa la data relase.


La più inflazionata è quella che vuole Diablo III negli scaffali dei nostri negozi di videogiochi preferiti il 17 Gennaio. 
Da dove è partita questa voce?
Da questo:


A voi l'ardua scelta se credere o meno a queste voci.

Se invece andate sul sito di GameStop trovate il pre-order del gioco e la data del rilascio che dice 30/03/2012

Nel frattempo cresce la scimmia per Star Wars Old Republic che ci farà dimenticare per un bel po' il gioco più atteso di sempre!

Che la forza sia con voi
RT



giovedì 8 dicembre 2011

Warrior


Warrior è un film maschio e asciutto, e così sarà la mia recensione, maschia e asciutta, tanto maschia da far crescere il pelo sul petto a chi la legge.

Tutto ha inizio quando Tommy, ex-marine, torna a casa dal padre alcolizzato. Vuole tornare ad allenarsi e vuole che il padre lo aiuti, ma non è in vena di smancerie. Tommy è uno che pianta i chiodi col palmo della mano e lancia occhiate di fuoco peggio di superman.
Paddy, il padre di Tommy ha anche un'altro figlio, Brendan. Brendan è un professore di fisica, ha una moglie, due figlie di cui una malata e una bella casa nei sobborghi che la banca gli vuole portare via.
Naturalmente lui ha lo sguardo serio e maturo, ma è tosto come il ferro e si riuscirebbe a rialzare anche dopo essere stato investito da un tir.
Il riscatto per tutti e due i fratelli si presenta come un torneo con in palio la bellezza di cinque milioni di dollari, lo "Sparta".
Sono tutti e due degli sfavoriti, anzi i commentatori non fanno altro che ripeterci che non dovrebbero neanche trovarsi lì, ma sia l'iracondo Tommy che il posato Brendan non sono lì ha fare le trecce ai cavalli e si fanno strada a forza di cazzotti pesanti come mattonate.

Il film non riserva molte sorprese, ma prosegue dritto per la sua strada veloce come un diritto ben assestato. I due fratelli hanno il fisico di tori da rodeo e Tommy in particolare ha una musculatura che non sembra neanche del tutto umana. I cazzotti sembrano veri, le scene di lotta ben girate e il ritmo coinvolgente. L'unica pecca di Warrior sta forse nella sua lunga durata, ma alla fine è una specie di Rocky alla seconda e deve prendersi i suoi tempi per presentarci, non uno ma ben due eroi.

Come promesso sono stato asciutto e maschio, ora vado a farmi trecento flessioni su un braccio e a bermi sedici tuorli d'uovo... ci rivediamo all'ospedale.

MM

mercoledì 7 dicembre 2011

Dc New 52 (L'uomo più veloce del mondo e quello che puzza di pesce)

Ho preso questo reboot della DC come un'occasione per leggere anche le testate a cui non mi ero mai avvicinato, in particolare mi preme parlarvi di due personaggi, Flash e Aquaman.

Aquaman #1-#2-#3
Sono stato una persona cattiva a definire Aquaman "quello che puzza di pesce", ma effettivamente siamo abituati a pensare a lui come a una specie di supereroe sfigato e un po' marginale, della serie: -Mi spiace Acquaman, ma non puoi venire neanche questa volta con la Justice League, i cattivi hanno attaccato un'altra volta in montagna!-. Jeff Johns invece non è cattivo come me e si mette alle redini della testata dando ad Aquaman un ruolo da peso massimo nel panorama della DC. I suoi poteri, oltre a respirare sott'acqua (cosa che fanno benissimo anche superman e metà degli altri personaggi DC...l'altra metà usa il boccaglio) ora il principe di Atlantide è in possesso della superforza, di una favolosa resistenza, e della capacità di fare salti belli alti, insomma ha dei poteri decenti. Johns forse con questa nuova run di Aquaman riuscirà a ridare (ne ha mai avuto?) lustro a uno dei personaggi con i costumi più fighi della DC e la sua ricetta sono: tante botte, profondità marine inquietanti e infestate di mostri, il tutto tenuto assieme da una nerd-ironia senza pari. La cosa che ho subito notato, e che potete notare anche voi guardando qui a sinistra, sono le copertine: l'acqua in cui si immerge Aquaman è nera, proprio come l'atmosfera di questi primi tre numeri in cui i cattivoni di turno sono una strana razza di pesci carnivori. Forse sono io che sono sempre stato molto impressionabile (Lo Squalo l'ho visto la prima volta che avevo già la patente), ma mi sembra che Johns abbia colpito nel segno toccando le corde della nostra naturale paura per l'abisso.



Flash #1-#2-#3
Se Aquaman proprio non lo conoscevo, almeno con Flash avevo come pietra angolare della mia critica il telefilm anni novanta e la "stagione" di Jeff Johns sulla serie regolare. Flash ha la tuta Rossa, i fulmini sopra le orecchie e in fondo in fondo è uno che va molto veloce (sò un'esperto del personaggio). Negli anni i poteri del fulmine rosso sono aumentati, la velocità gli dava la capacità di attraversare i muri, di muoversi fra gli universi e di arrivare a casa in tempo per non perdersi neanche una puntata di Lost. La mostruosità dei suoi poteri ha permesso la creazione di una miriade infinita di storie, ma forse ha anche rotto il giocattolo (un po' come succede per superman). Troppo potere=responsabilità incomprensibili al lettore.
Il reboot della DC fa un buon lavoro sul corridore scarlatto, mettendo in piedi una storia leggera, divertente e disegnata in maniera eccezionale, con soluzioni grafiche che mi hanno davvero stupito. Bucellato colora anche le sue tavole e si vede, il colore non riempe solo gli spazi bianchi, ma diventa parte integrante del disegno, regalandoci delle atmosfere molto apple... non so perché l'ho scritto, ma è effettivamente la prima cosa che mi è venuta in mente guardando il lavoro di Buccellato, elgante e cool. Per quanto riguarda invece la sceneggiatura di Manpul è davvero geniale l'idea che il cervello di Flash non riesca ad andare veloce quanto le sue gambe e che quindi la velocità del suo pensiero sia il suo limite più grande. La cosa si evolve, accelerando i suoi pensieri Flash può "prevedere" quello che accadrà e agire sulla catena di eventi che sta per sucedersi davanti ai suoi occhi. Insomma Flash è rimasto molto nerd e la cosa mi piace!







MM


lunedì 5 dicembre 2011

Bored to Death

 [Prima Guest Star su Birra e Darth Vader, il famigerato Giulio Antonio Gualtieri, che per l'occasione ci parla della sua serie favorita (che poi gli ho segnalato io). Buona lettura a tutti. MM]

La luce del lampione è fioca e non mi consente di vedere bene. Sono appostato qui da più di due ore e dei due blogger ancora non c'è traccia. Quei maledetti nerd riescono a rimanere dietro al computer per ore e a me tocca prendere freddo. Per fortuna mi sono portato da leggere. No, non è una battuta. Il mio cliente vuole pubblicare questa recensione a loro insaputa ed io ad aspettare qui sotto mi sto annoiando, per cui credo che gli darò una letta.

Bored to Death è un mirabile esempio di televisione creativa e sperimentale. Le condizioni di partenza sono semplici ma efficaci. Jonathan Ames è uno scrittore di libri noir che non riesce a concludere il suo secondo libro. Viene lasciato dalla fidanzata e così si rimette a leggere i classici di Chandler. Spinto dalla voglia di immedesimazione, decide di mettersi in gioco come detective privato e pubblicato un annuncio su Craiglist. I casi che gli verranno proposti sono diversi da quelli che si aspettava, ma la sua professionalità gli impone di occuparsi di tutto, anche di skate smarriti. Ad accompagnarlo nelle sue avventure ci pensando i suoi due amici, George, ricco e affascinante sessantenne con una forte passione per le donne e la marijuana e Ray, corpulento disegnatore di fumetti vittima delle sue stesse incertezze.
Tre personaggi piuttosto distanti dagli standard classici di Hollywood, eppure a guardar bene neanche così lontani.
La serie è infatti un mirabile omaggio al genere noir, stemperato però da toni da commedia grottesca. Sintesi perfetta del prodotto è l'ambientazione newyorkese, centrale per lo sviluppo delle trame narrative. Solo in una città come New York, simbolo dell'America eppure ancora profondamente europea, poteva nascere questa strana alchimia.
Con il noir, oltre ai temi investigativi, i tre condividono una forte avversione per i vincenti. Come Marlowe prima di loro, sono incapaci di affermarsi nel mondo e preferiscono perdere con stile piuttosto che sporcarsi le mani.
I toni grotteschi potrebbero spesso sembrare esagerati, ma la grande leggerezza della scrittura produce un meccanismo di sospensione dell'incredulità piuttosto forte, per cui si finisce per accettare qualsiasi stranezza con una risata.
Come molte serie prima di questa, la quadratura del cerchio è stata trovata nel corso della produzione e dalla seconda serie in poi gli autori hanno compreso che tutti e tre i personaggi principali avevano bisogno di essere protagonisti.

domenica 4 dicembre 2011

Tradizioni Natalizie: l'albero



Sono sensibile al Natale. Più che altro sono sensibile al periodo che lo circonda e alle tradizioni che lo caratterizzano che prescindono dalla fede cristiana, che scorre assai scarsa in me. No, è un amore del tutto laico.
Come ogni bambino fortunato del pianeta Terra sono cresciuto ad alberi di Natale, presepi, babbi natali, regali impacchettati con carte colorate, stelle, stelline, film natalizi, caldarroste, addobbi e luminarie a via del Corso.
Inoltre ho sempre trovato assai sterili tutti quei discorsi di contro-cultura sull'aspetto commerciale e consumistico del Natale, anche nel mio periodo da metallaro anarchico più fervente.
Il Natale mi piace in tutti i suoi aspetti, più o meno condivisibili. A Dicembre non c'è niente di meglio di vedere "Mamma ho perso l'aereo" mangiando torrone e panettone e dopo farmi una tombolata con gli amici.



Ecco perché ho deciso di dedicare alcuni post di B&DV alle tradizioni che mi hanno sempre accompagnato in questo periodo. Non so ancora bene quali affrontare, ma inizierò sicuramente con l'albero a cui seguiranno sicuramente un articolo sulla figura di Babbo Natale e un altro sui miei film preferiti di questo magico periodo.


L'ALBERO DI NATALE 






Come spesso accade le origini di vari rituali natalizi si perdono nel tempo e giungono a noi arricchiti a seconda del periodo e del popolo che hanno attraversato. E' impossibile stabilire quale sia stato il primo albero natalizio e, anche fosse possibile, risulterebbe assai diverso da come lo concepiamo oggi. Sicuramente le origini sono nord europee e hanno una forte caratteristica pagana.

L'albero di per se è un forte simbolo che si ritrova in molte religioni e credi. Dall'albero della Vita, al Brahaman indiano, ovvero l'albero Cosmico, passando per il germanico Yggdrasill.
L'albero rappresenta spesso la manifestazione divina del cosmo o, nel caso del nostro albero natalizio (che ricordiamo è un Abete) essendo un sempreverde assume anche un simbolismo di prosperità e di buon auspicio per l'inverno.

Tra le possibili origini dell'albero come simbolo natalizio (inteso come periodo) ci sono quelle di Tallin, in Estonia, dove, a partire dal 1441, veniva posizionato questo grande abete nella piazza principale e in torno al quale scapoli uomini e donne danzavano alla ricerca di un compagno. Altra storia vuole il primo albero nel 1570 a Brema o nel 1510 a Riga (Lettonia). In Germania, invece, nel medioevo era tradizione riempire piazze e chiese con alberi addobbati di frutti (simbolo di abbondanza)

Quale sia la sua origine sembra che il primo ufficiale sia quello introdotto come tradizione dal Principe Alberto, consorte della regina Vittoria, nel 1841 in Inghilterra.

Ha sicuramente fascino invece la piccola leggenda che narra così:




"In un remoto villaggio di campagna, la Vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo di quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione, nella notte Santa. Si attardò più del previsto e, sopraggiunta l'oscurità, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta incominciò a cadere una fitta nevicata.
Il ragazzo si sentì assalire dall'angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Sopraggiunta una grande stanchezza, il piccolo si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco e l'albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far loro toccare il suolo in modo da formare come una capanna che proteggesse dalla neve e dal freddo il bambino.
La mattina si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo ricovero, poté con grande gioia riabbracciare i suoi compaesani. Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, che la piana aveva piegato fino a terra. Aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole che stava sorgendo, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.
In ricordo di quel fatto, l'abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.
Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra."

Per quanto riguarda gli addobbi, tralasciando le origini, le luminarie classiche come le intendiamo oggi sono un idea di Edward Johnson, aiutante di Thomas Edison. Uno a cui le lampadine non mancavano di certo!

Sebbene sia una tradizione che nasce nel nord Europa col tempo è diventato un rituale mondiale e uno dei più forti simboli del Natale. Inizialmente snobbato dai cattolici, poichè tradizione luteriana, è stato poi abbracciato anche dal Vaticano. Fu proprio Giovanni Paolo II a fare erigere a Piazza San Pietro quello che è considerato l'albero natalizio più alto di tutti, con i suoi 30 metri di altezza. Alla faccia di Rockfeller!

Nota finale: è tradizione (italica) addobbare l'albero il giorno dell'immacolata, così come le varie luminarie per le strade commerciali nelle varie città. Noi di B&DV ci accodiamo a quella perfida lobby dei commercianti che ogni anno iniziano prima ad allestire vetrine e quant'altro con luci e lucine!


Che lo spirito natalizio sia con voi!

RT


p.s.
beccatevi pure st'infografica!