martedì 17 dicembre 2013

Il ritorno di PK - Universo PK



Tranquillo, riallinea i chakra, prendi un bel respiro pronfondo e...

SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

Ok, riproviamo.
Obbiettività, controllo, professionali...

SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

Ritorna PK, il fumetto che ti ha convinto che fare fumetti, un giorno, non questo, uno avanti nel tempo, sarebbe stato il tuo lavoro. Il fumetto che ha plasmato la tua giovane mente, il fumetto che...

SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

Non ci riesco. Il 5 di gennaio esce in edicola, ma io chiedo comunque al giornalaio ogni giorno se può rompere per me il day one. Lui non sa cosa sia il day one, io mi rendo conto che non vuol dire nulla quello che gli chiedo, ma è più forte di me. Pk per me ha lo stesso valore della sacra sindone, solo più sacro.

Tito Faraci sarà al timone dell'impresa, Universo PK sarà un what if in cui Paperino si troverà da solo (senza gadget e Uno) ad affrontare la minaccia aliena degli Evroniani. E io sono davvero commosso, commosso del tipo lacrime napulitane. E questa sembra che sia solo la fase uno e che in servo, per noi Pkers, ci sia un secondo progetto, diretto dal sommo Artibani. Ora io lo sapevo che quest'anno mi ero comportato bene, ma Babbo Natale come minimo vuole anche una mazzetta per questa consegna!

MM


I sogni segreti di Walter Mitty


Copio e incollo la trama dal sito di Repubblica, che scrivere i riassunti è una noia mortale!

Walter Mitty è un moderno sognatore, un comune editor fotografico di un magazine che compie regolarmente dei viaggi mentali lontano dalla sua noiosa esistenza, entrando in un mondo di fantasie caratterizzate da grande eroismo, appassionate relazioni amorose e costanti trionfi contro il pericolo. Ma quando Mitty e la sua collega, della quale è segretamente innamorato, rischiano di perdere il lavoro, Walter è costretto a compiere l'inimmaginabile: passare veramente all'azione - partendo per un viaggio intorno al mondo più straordinario di quanto avrebbe potuto mai sognare.

Guardatevi anche il trailer:

Walter Mitty, dopo la sua redenzione e la sua ascesa a uomo-con-la-barba-che-viaggia, viene definito da un suo nuovo amico nella maniera più adatta a definire il film: -Sembra che Indiana Jones abbia deciso di diventare il leader degli Strokes- ed effettivamente è un po' l'impressione che da anche Ben Stiller alle prese con una storia fuori dalle sue corde. Il film è un ode all'analogico contro il digitale; basta pensare al fallito tentativo di approccio che Mitty tenta, nei confronti della sua collega, grazie al sito di incontri o al semplice fatto che la sua mansione a Life è il manager dell'archivio negativi. Le critiche si sono quindi sperticate nel definire il film una stroncatura ai nuovi media e social network in favore dell'esperienza reale, dell'avvicinarsi davvero alla gente e ai luoghi dell'umanità; ma la cosa che sfugge alla critica è che, il linguaggio visivo di tutto il film, è invece quanto di più vicino alla cultura di quei media. A iniziare da una fotografia che è evidentemente figlia di istagram, desaturata quanto nell'effetto vintage sui vostri iphone, per continuare con le inquadrature a picco sulla folla in uscita dal lavoro e i titoli di testa (bellissimi) incorporati nell'immagine. E la parte più riuscita del film è proprio quest'aspetto visivo minimalista, grafico... hipster. La storia è esile, dai risultati prevedibili (non è un giallo quindi pure sticazzi), ma soprattutto un tantinello troppo smielata nel finale. Ma nel complesso ci si può stare, basta non andare al cinema convinti di vedere un film di Wes Anderson o di Edgar Wright, per non rimanere delusi dal film di Ben Stiller. Dopo tutto esce a natale ed è una favola, un'iperbole di buoni sentimenti, ci possiamo anche concedere una sospensione del nostro cinismo moderno per un paio di ore, no?

MM

p.s.
Il trailer e il materiale propagandistico sono tutte cose bellissime, beccatevi le variant del poster!








domenica 15 dicembre 2013

Edge of Tomorrow



E finalmente esce il trailer del film di Gears!
Ah no.



Ora che siete gasati con me, qualche nota a piè di pagina.

1- A Tom le faccette funzionano ancora benissimo.
2- La regia è di Dog Liman, che ha diretto Jumper, ma anche The Bourn Identity.
3- Tom era l'unico attore che al momento potesse indossare quell'armatura sgraziata e tozza e bruttina, continuando a sembrare un figo.
4- Il racconto da cui è tratto Edge of Tomorrow, si intitola All you need is Kill, titolo altamente più tamarro di quello prescelto, ma alla fine deve passare ancora al vaglio della consulta di babbuini che traduce i titoli in Italia, quindi c'è ampio margine di peggioramento: Il bordo del domani è la mia umile proposta, ma anche Ricomincio da capo 2, non sarebbe male!
5- Per quanto il trailer sia maranzo al punto giusto, la lista infinita di sceneggiatori (Steve KlovesTim Kring,Christopher McQuarrieAlex KurtzmanRoberto OrciDante HarperJoby HaroldJez Butterworth) e il fatto che abbiano dovuto girare, a riprese finite, delle scene aggiuntive, non è che sia proprio una bella notizia per quanto riguarda la coerenza della storia, ma vabbè, Tom indossa sto casco qui:



Considerate tutte le buone motivazioni per cui andare a vedere il film, quelle negative vengono spazzate via dal fatto che c'è Emily Blunt in canotta che fa le flessioni, no... dico sul serio... lo andrò a vedere per quello.



MM

sabato 14 dicembre 2013

I Sogni Segreti di Walter Mitty


Mi piacciono le commedie romantiche. Ormai lo sapete, se seguite il mio blog, che sono un tenerone. Lunedì vado a vedere questo in anteprima e ve ne parlo, ma un po' Ben Stiller mi ha già conquistato. Mi sa che Stefano Simeone, il mio coinquilino dall'animo hipster, mi ha contagiato!


P.S.
Poi qualcuno mi spiega perché non hanno tradotto letteralmente il titolo originale: The secret Life of Walter Mitty...

MM

giovedì 12 dicembre 2013

Hugo award challange - Morire per Vivere di John Scalzi



Internet è un posto bellissimo, un luogo magico in cui, se parli di uno scrittore vincitore del premio Hugo sul tuo blog, poi quello ti risponde a stretto giro. E ti corregge. Un po' come nelle fantasie di Woody Allen in Io e Hannie, in cui, un critico improvvisato in coda al cinema, viene zittito dall'arrivo del regista stesso.


Non è stato esattamente questo il caso dello scorso post, ma se vedete fra i commenti, noterete l'intervento di John Scalzi, l'autore del vincitore del premio Hugo di quest'anno: Redshirts. Scalzi, mi ha amichevolmente rimproverato di aver fatto un po' di confusione. Ero sicuro che, il titolo italiano del suo nuovo libro, Redshirts appunto, fosse Morire per Vivere (che alludesse alla caducità delle magliette rosse in Star Trek). Invece Morire per vivere è Old Man's War, il suo primo romanzo pubblicato. Redshirts, in Italia, ancora non si vede all'orizzonte. Quindi, con il permesso del pubblico del blog (che me lo deve dare per forza visto che qui sono un dittatore dal pugno di ferro) sostituirò, nel percorso della Hugo Challange, Redshirts con Morire per Vivere... in inglese leggo ad una lentezza imbarazzante e qui si rischia che, qualcuno dei follower più attempati, ci rimanga e non riesca a vedere la fine di questa rubrica.

Com'è il libro di Scalzi? Bello. Quanto bello? Bello, bello per essere un'opera prima, ma pure in generale scalcia parecchi culi.



La prima cosa che ho davvero apprezzato del libro di Scalzi è che è fantascienza pura. Niente contaminazioni, fighetterie, ripensamenti del tipo: ma sarà abbastanza evidente la critica alla società moderna fra una sventagliata di laser e l'altra? Morire per Vivere è un solidissimo romanzo di fantascienza con un'enorme debito con Fanteria dello Spazio (debito di cui fa menzione lo stesso Scalzi tra i ringraziamenti) e in generale con tutta la fantascienza di cui mio padre mi nutriva fin da bimbo.

Visto che c'è un bel colpo di scena a un terzo del libro il "riassunto" della trama sarà tenuto al minimo. Se non volete sorprese, evitate di la quarta di copertina del romanzo o la trama su Amazon... chiunque scriva le quarte, deve morire scomodo... scherzo lo so che è difficile. Ma alcuni, se lo meritano comunque.

La storia segue le avventure di John Perry, settantacinquenne che, come la maggior parte dei suoi coetanei, decide di arroularsi nelle FDC, Forze di Difesa Coloniale, e partire per la prima volta dalla Terra. Uno dei motivi principali per cui ci si arruola, è che i terrestri immaginano che le FDC abbiano un modo per ringiovanire i loro corpi decrepiti. Ad attenderli nello spazio c'è una guerra di cui, sulla Terra, vengono tenuti all'oscuro, una tecnologia infinitamente più sviluppata di quella del loro pianeta, e una miriade di razze aliene in competizione per il dominio dello spazio. Insomma il sogno bagnato di ogni geek che si rispetti.

La prosa di Scalzi è essenziale, con un ritmo sostenutissimo e un'ottima qualità di dialogo. Una piacevole linea comica alleggerisce la prima parte, quella in cui si parla ancora di arzilli settantenni, e non di soldati che vanno a morire, poi il libro matura, insieme alla consapevolezza dell'autore e del personaggio e diventa uno splendido esempio di fantascienza bellica. So che, nello universo narrativo di Morire per Vivere, Scalzi ha ambientato Le Brigate Fantasma, edito in italia dalla Gargoyle, e altri due romanzi inediti che sono: The Last Colony e Zoe's Tale e infine, una raccolta di racconti The Human Division. Ora, con calma, fra un premio Hugo e l'altro, ho deciso che inizierò a leggerli tutti, convinto che saranno un crescendo come lo è anche questo libro da pagina 1 a pagina 318; un crescendo di figaggine scify pura e semplice. John: hai un nuovo fan. 

Nella prossima puntata: il talentuoso China Mieville, di cui ho già adorato Perdido Street Station, con La Città e la Città, vincitore ex-equo con Bacigalupi dell'Hugo nel 2010... il libro di Bacigalupi, manco a dirlo, in Italia non l'hanno ancora tradotto. 

MM

Punteggio ad oggi:
14/65

martedì 10 dicembre 2013

The Monuments Men


E' un film, tratto da una storia vera, con una trama pressoché geniale e con un cast che sembra fatto da un gruppo di fan, ora inizierò a rompere le palle pesantemente per andare a vederlo in anteprima, voi nel frattempo godetevi il trailer.


MM

I fiori del Massacro



E' brutto avere amici che fanno gli sceneggiatori perché, se sono come Roberto Recchioni, ti svelano in anticipo la trama di Orfani e poi quella di Orfani 2. E' bello avere amici che fanno gli sceneggiatori perché, se sono come Roberto Recchioni, ti fanno leggere in anteprima un albo come I fiori del Massacro e, sapere di avere qualche settimana di vantaggio sul resto del mondo, quando l'albo in questione è tanto bello, è un piacere peccaminoso.
Quando vi ho parlato del primo albo della serie La redenzione del Samurai, ho elogiato la bravura di Roberto nel rendere una storia che ha un contenuto pesante come un macigno, leggera come una piuma. Una roba da origamista professionista, da scrittore di Kanji, insomma uno sforzo creativo che ha come risultato l'assoluta semplicità e pulizia, ma che cela una tecnica da far venire il mal di testa.
Con I fiori del massacro, il virtuosismo riesce di nuovo e forse alza ancora la posta, il ritmo di scrittura e di lettura, alterna eccitanti accelerate a pause di riflessione quasi zen, in cui si prende un profondo respiro e ci si perde nell'arte di Accardi. Il risultato è un'altalena emotiva che ti crea dei vuoti allo stomaco e che ti trascina a guardare nel baratro in cui si nasconde il male.


La storia de I fiori del massacro gira tutta attorno alla vendetta, una vendetta spora e sanguinosa, una vendetta sbagliata che Roberto, per fortuna, o meglio per mestiere, non ha la tentazione di esaltare. Jun sbaglia, diventa cattiva e, a differenza di tanti cattivi moderni, rimane tale. Non è affascinante il male, lo possiamo dipingere in questo modo per esorcizzarlo, possiamo mettergli il trucco di clown e farlo parlare di una romantica anarchia, ma il male rimane tale. E Jun è malvagia. E Roberto resiste al suo fascino e ce la mostra senza nessuna maschera.

Sono contento di poter dire, ancora per qualche giorno, di essere uno dei pochi ad aver letto I fiori del Massacro, ma spero sinceramente di avere molta compagnia alla sua uscita, è un libro importante che ha solo un problema, fissa davvero molto in alto le aspettative per il prossimo.

MM

venerdì 6 dicembre 2013

Sex Criminals


Post velocissimo per dirvi che, se non lo state ancora leggendo, fate qualcosa di profondamente sbagliato. Dopo occhio di Falco si poteva ancora pensare che fossero i disegnatori a fare la differenza (non si poteva, ma facciamo finta di sì) con Sex Criminals, Fraction dimostra (a me solo, gli altri lo sapevano già tutti) che quei layout stupendi di Hawkeye sono anche farina  del suo sacco. Sex Criminals è una storia stramba, una storia d'amore fra due persone che scoprono di condividere un dopo quanto mai particolare: far fermare il tempo durante un orgasmo. Idea geniale, ma che necessita della straordinaria abilità narrativa di Fraction per creare questo piccolo capolavoro che è Sex Criminals.


Nota a margine: l'Image ormai è inarrestabile e sta mordendo le chiappe a DC e Marvel nelle classifiche di vendita. Come riuscite a non amarli? Come?

Li amate anche voi vero?

Post alla scoperta dell'acqua calda.




MM

giovedì 5 dicembre 2013

Hugo Award Challange - Il Sindacato dei poliziotti Yiddish di Michael Chabon

La fichissima copertina americana.
Titolo: Il sindacato dei poliziotti Yiddish
Titolo originale: The Yiddish policemen's union
Anno: 2007
Edito da: Rizzoli
Pagine: 398
Prezzo: 16,15 su Amazon
Kindle: non disponibile

Su facebook impazza la moda delle classifiche, in particolare quelle di  List Challange vanno un casino fra le mie conoscenze. Infatti non c'è nulla che ecciti sessualmente di più un nerd, che un elenco di cose unito a una sfida (contro i suoi altri amici nerd) che dimostri quanto è più nerd degli altri.

- Io ho una vita sociale pari a zero, hai visto, ho visto tutti e trecento i film muti usciti nel 1901!
- Stai scherzando? Quella è roba l'ha vista anche mio cugino di sei anni, io invece ho totalizzato 199 su 200 libri in cui compaiono le parole Star e Trek... sì ho letto anche Fare Trekking con le Star, per completezza!

Visto che su questo blog non ci vogliamo mai far mancare una nuova rubrica che chiuderemo dopo due puntate, abbiamo preso la palla al balzo e abbiamo deciso di sfidare tutti voi, e noi stessi, in una sfida all'ultimo sangue contro la Lista degli Hugo Award. Da ragazzino io, Michele, quello bello della coppia, ero un vero maniaco di fantascienza. Mio padre, prima di me, era un vero maniaco di fantascienza. Nella casa al mare lessi quella mezza quintalata di vecchi Urania che, mia madre, aveva relegato nella casa vacanze, nel vano tentativo, di diminuire la pressione che le librerie stracolme di casa esercitavano sul soffitto dei nostri vicini (fu inutile gli crollammo in testa durante la pasqua del 1998, per fortuna nessun libro si danneggiò nell'incidente).

Forte del mie radici di geek sci-fi, ho affrontato la lista di vincitori dello Hugo Award con un sorriso beffardo sul viso, convinto di potermi vantare di un amplein facile, facile. L'amaro risultato è stato un 12/64. Per rimediare all'affronto (che ho evidentemente fatto alla memoria dei miei vicini morti nel crollo di pasqua 1998) ho deciso di sfidare la lista e di leggere tutti i romanzi vincitori dello Hugo Award.

La più seriosa copertina italiana.
Il primo nella mia lista è Il sindacato dei poliziotti Yiddish, di Michael Chabon, vincitore nel 2008.

Dopo tre giorni di lettura, ho abbattuto le 398 pagine del libro e ho portato il punteggio a 13/64. Ma com'è il libro? Michael Chabon lo conoscevo già, ho letto le fantastiche avventure di Kavalier and Clay e un favoloso saggio sul genere in letteratura che si intitola Mappe e leggende, quindi sapevo che il ragazzetto sapeva scrivere. Quello che non sapevo era che avesse mai scritto un romanzo sci-fi o fantasy. E infatti non l'ha fatto. Il sindacato dei poliziotti Yiddish è un favoloso giallo con uno spunto what if davvero geniale, ma rimane un giallo. Sono ugualmente contento che abbia vinto lo Hugo, ma diciamo che è un pochino fuori categoria secondo il mio modestissimo parere. Nel 2008 aveva forse più ragione di vincere quello stronzo di John Scalzi che mi ha appena ripianato il punteggio della sfida... vi spiego fra un momento.

Intanto è bene dire, che il libro di Chabon è un noir geniale; si parte dal presupposto che, nel 1948, durante il primo attacco al neonato stato di Israele, gli ebrei c'abbiano preso le pizze dalla coalizione araba che (miracolosamente) è riuscita a non pestarsi i piedi a vicenda e ha scacciato il popolo di David. Persi nuovamente, gli ebrei hanno trovato rifugio nelle fredde terre dell'Alaska, dove gli States hanno creato un distretto federale ad interim che accogliesse il popolo eletto. Quasi cinquant'anni dopo, il distretto federale di Sitka in Alaska, sta andando incontro ai suoi ultimi giorni e alla dolorosa Restituzione agli Stati Uniti, il popolo di Israele rimarrà nuovamente senza terra. In questo scenario da fine di un'era, seguiamo l'indagine dell'ispettore Landsman, un uomo che, come il suo paese, sembra alla fine della corsa; alcolizzato, divorziato con forti tendenze suicide, si trova a investigare sulla morte di uno degli occupanti dello stesso orrendo motel in cui vive anche lui. Il morto è all'apparenza, un eroinomane qualunque freddato con un colpo di pistola alla nuca che lascia in questa vita il suo corpo emaciato e una partita a scacchi nelle sue fasi finali di gioco. Il caso attorno alla morte di un tossico inizierà a scendere dal crinale della montagna di Sitka come un sassolino e, nel suo cammino verso la risoluzione, si trasformerà in una valanga di proporzioni bibliche. La narrazione di Chabon riesce a irretirti e a precipitarti nelle macerie della civiltà ebraica, e della vita di Landsman, con una maestria paragonabile solo a un'altro scrittore (sarà un caso, ma un altro ebreo) che ha illuminato la mia adolescenza, Mordecai Richler. Con lui, e con altri grandi come Allen, condivide questo sguardo distaccato e ironico, ma nello stesso tempo estremamente competente e attento, su una delle religioni più antiche e affascinanti della storia. Ho letteralmente adorato, ad esempio, il personaggio dell'esperto di confini, un uomo deputato a fregare Dio rispettando le regole dello Shabbat: durante il sabato è vietato trasportare merci in strada, ma è possibile farlo in casa, perciò l'esperto di confini ha il compito di creare un complesso sistema di pali del telefono, che fungono da metaforici stipiti, collegati da fili/architravi che recinta tutto lo spazio del distretto, in maniera da poter girare liberamente durante lo Shabbat come se ci si trovasse in casa. Come dicevo una religione affascinante che fa da contraltare perfetto alle indagini del nostro Landsman a metà fra Twin Peaks e La versione di Barney.

Michael Chabon è forse uno dei migliori scrittori degli ultimi anni, ha vinto un Pulitzer, un Hugo, un Nebula e un'altra valanga di riconoscimenti, ma soprattutto è  decisamente uno di noi, un nerd con i controfiocchi, a cui dobbiamo, fra le altre cose, la sceneggiatura di Spider-man 2 e quella di John Carter.

Se vi ho convinti a seguirmi in questa pazza impresa di battere il premio Hugo, sappiate che il prossimo libro è fuori dalla lista, infatti potrei barare, ma la verità è che la lista è stata evidentemente compilata un anno fa, quando non avevano ancora premiato Red Shirt di John Scalzi, tradotto e portato in Italia dalla Gargoyle con il terrificante titolo di Morire per Vivere. Ci vediamo fra qualche giorno!

MM

Punteggio ad oggi:
13/65




giovedì 28 novembre 2013

Black Science - Rick Remender, Matteo Scalera e Dean White

Bastano anche solo copertina e logo.


Lo aspettavo da un po' e non mi ha deluso per nulla.
Rick Remender è l'uomo da battere, se lo scorso anno è stata la volta di Wade e del suo favoloso Daredevil, quest'anno non ce n'è per nessuno. Basterebbe guardare alla quantità di fumetti favolosi che sta producendo quest'uomo: Uncanny Avengers, il Cap più strano che io ricordi e ancora il nuovissimo Black Science e tra qualche giorno entrerà in campo anche Deadly Class. Lo dice lui stesso nell'editoriale alla fine di questo primo numero di Black Science: - Sono un drogato, un drogato di nuove serie-. E lo capisco benissimo. Non c'è giorno che io non maledica la mia mancanza di tempo, il fatto che le giornate durino solo 24 ore e che debba fare un altro lavoro. Inizierei altrimenti una serie al mese. Creare dal nulla un universo narrativo e i suoi personaggi e una droga potentissima e, sinceramente, sono contento che Remender, in questi anni, non si sia mai disintossicato.

Scalera e...

...White!

E' dai tempi di Fear Agent che lo seguo e lo amo. A quei tempi mi colpì l'amore che traspariva da quelle pagine, la passione per quella fantascienza un po' vintaggia e molto pulp. Black Science riesce a superare il suo predecessore grazie anche ai disegni di Scalera, che dai tempi di Retrievers (ce l'ho, lo amo) ha evoluto il suo segno in direzioni insospettabili e ai colori di Dean White, che con X-Force già era a livelli inverosimili e  che qua si supera. Remender con la sua nuova serie fanta-pulp ci porta a bordo di una storia che ha come protagonisti un gruppo di naufraghi multidimensionali, un gruppo di scienziati anarchici disposti a dar retta solo a se stessi. Ed è proprio la loro "Black Science" che li metterà in pericolo e li farà perdere nel multiverso. Il capo del gruppetto, Grant McKay oltre alla sua pellaccia, dovrà salvare anche quella dei due figli che si porta appresso in questa odissea fantascientifica. Grant non è un eroe d'azione, non corre ne salta più di quanto faccia io, ha come unica difesa la sua testa e si porta appresso un pesante fardello di scelte sbagliate e di fughe dalle proprie responsabilità; insomma un personaggio, come ci ha abituati a d aspettarci Remender, capace di creare empatia grazie alla sua capacità, del tutto umana, di sbagliare e reagire.



Auguro la fortuna che si meritano a Remender, a Scalera, a White e all'Image che, come lo stesso Remender, sembra drogata di novità e rimane forse l'unica ad aprire il panorama fumettistico americano a nuovi favolosi mondi!

MM

mercoledì 27 novembre 2013

True Detective



Il 12 gennaio, due uomini che avrebbero dovuto vivere insieme dal college, finalmente si incontrano in una serie targata HBO. Non so cos'altro aggiungere se non che il 12 gennaio non è mai stato tanto lontano.

Separati alla nascita


Un appunto. Per chi se lo fosse perso gli consiglio di recuperare questo film di Matt. Noi amici lo chiamiamo così Matt.


MM

giovedì 31 ottobre 2013

THOR - The Dark World [rece]



Mi siedo nel cinema accanto a Mauro Uzzeo, con il quale  inizio una piacevole discussione circa la teoria "i secondi tempi dei film Marvel fanno cacare". I motivi per questo deficit, manco fosse ormai diventato un marchio di fabbrica, sono  molteplici. Riassumiamoli tutti con la semplice giustificazione che scrivere il terzo atto di un film è la parte più difficile e solitamente lo sceneggiatore di turno mette una toppa con un guzzantiano/gezziano "famo un terzo atto di menare". Per carità, in un film di supermenare ci sta anche bene, ma fatico a ricordarmi un finale epico, emozionante, coinvolgente, sbalorditivo, originale in uno dei film Marvel. (Iron Man 3 non fa fede... che non è un film di supereroi...)
Sono tutti una inesorabile parabola discendente.
Ma lo spettacolo inizia ed io e Mauro veniamo interrotti dalle pagine dei fumetti Marvel che scorrono sullo schermo a rivelare il logo della casa editrice ameriganza.

Circa due ore dopo, quando le luci si riaccenderanno, io e Mauro ci guarderemo colmi di vergogna. La Marvel ci avrà smentito su tutta la linea.

Sia chiaro, nel secondo tempo di Thor - The Dark World, il nostro biondo asgardiano mena si come un fabbro, ma con classe.

Ma andiamo con ordine.

Gli elfi oscuri stile Teletubbies

Il film si apre con uno spiegone alla Signore Degli Anelli, con elfi oscuri che si menano con gusto con le forze del bene, in cui ci viene presentato un cattivo utile quanto un semaforo su una rotatoria e dallo spessore di un foglio di carta riciclata. Lo sopporti per tutto il film solo perché è il motivo scatenante degli eventi. Non dico che mi devi presentare ogni volta un Darth Vader, ma almeno provaci sarebbe degno di nota. Un cattivo che agisce da cattivo con la sola giustificazione di essere cattivo non regge, non ha mai retto e mai reggerà.
Ma in fondo non è lui il fulcro del film, e ci sono altri personaggi su cui la storia vuol fare girare le sue trame.

Dopo questo preambolo, in cui non sei ancora abbastanza caldo per dedicarti allo sport del "ma che caz...?" e che perciò ti godi con disilluso piacere, il film si proietta in un oretta di mediocrissimo cinema inerpicandosi tra spiegoni inutili e reiterati più e più volte (manco lo spettatore fosse un povero idiota); cliché in cui il cattivo si fa catturare per colpire dall'interno; buchi di trama e forzature in nome di un apparente fluidità (ma che se ti fermi un attimo a riflettere nulla ha davvero senso). Insomma un discreto e noioso WTF?

Nel film gli mettono gli occhiali da nerd, un cappello e gli coprono le tette... ma non basta a renderla meno figa della Portman...


Si salva qualcosa in questa prima metà? Si, i primissimi minuti (perché ancora non sei saturo di spiegoni), alcune scene comiche che vertono tutte sui personaggi terrestri (con una Portman quasi messa in ombra da Kat Dennings, nonostante non mostri le tette) e un design di ambientazioni e mezzi davvero fico (quando non sono scopiazzate da Giger).

Poi avviene il miracolo.

Entra in scena Loki.

Ecco il protagonista del film...

E tutti (regista, sceneggiatore, fotografo, reparto cgi...) decidono che fino ad adesso hanno girato na mezza schifezza ma c'è tempo per la redenzione. C'è tempo per dare al mondo un film Marvel con un secondo tempo non solo migliore del primo, ma migliore di quasi tutto ciò che la casa delle idea abbia prodotto fino ad oggi.

E tutto diventa bello.
Lo script tedioso diventa improvvisamente ispirato e divertente, dando un senso a quasi tutto ciò che ha messo in gioco nella prima parte. Snocciola il rapporto tra Thor e Loki, approfondendo il personaggio del fratello cattivo con le sue ambiguità tra pentimento e vendetta, rendendolo per una buona parte il vero protagonista del film.
Il regista decide che è arrivato il momento di divertirsi e mette in piedi un combattimento finale originale e imprevedibile, sfruttando un elemento della trama traballante ma giocandoci con grande sapienza.
La comicità è irresistibile e per un attimo sembra di star guardando un film scritto da Steven Moffat o Edgar Wright.

Il secondo tempo di Thor - The Dark World è la meglio roba girata dalla Marvel.

Rimane il grande rimpianto che non sia così anche per la prima parte. Fosse stato il contrario ci saremmo trovati davanti al miglior film sui supereroi di questo nuovo corso.

Lo consiglio? Vivamente, perché la pazienza con cui affronterete la prima ora sarà ampiamente ripagata dalla seconda!


RT


p.s. Si, c'è il finale dopo i titoli. Anzi ce ne sono due. Uno dopo i titoli di coda artistici dove si svela parte di trama futura e viene introdotto un nuovo personaggio (che sembra uscito fuori da una puntata del Doctor Who). L'altro dopo i titoli di coda veri e propri che chiude un paio di cose lasciate aperte durante il film. Da vedere.


Thor che omaggia Tron che omaggia Star Wars che omaggia....







lunedì 21 ottobre 2013

Film che fanno il giro: Flash Gordon

C'era una volta un tempo lontano lontano in cui, se in america usciva un film rivoluzionario e visionario come Star Wars, in Italia si pensava di fargli concorrenza o come minimo seguire il trend.
Era un tempo in cui De Laurentis ancora non si era rincoglionito, in cui se dicevi Italia non partiva subito subito la pernacchia generale.
Era il tempo di Flash Gordon!


Non avevo mai visto Flash Gordon prima di pochi mesi fa e sinceramente un po' me ne pento. Perché per quanto pacchiano sia, se guardi un po' oltre ti accorgi di quanto, anche se reazionario comparato al suo cugino bello, Star Wars, ti accorgi dicevamo, che Flash Gordon era davvero tanto tanto visionario.

Come emulo di Star Wars Flash Gordon riesce a sbagliare tutto lo sbagliabile è barocco, dove Star Wars era quasi povero, pesante nel design quanto l'altro era leggero e veloce, ma soprattutto: ammiccante ed erotico come un romanzetto di fantascienza di serie zeta, quando l'altro era puro come le fantasie di un bambino.
Eppure in Flash Gordon c'era qualcosa di grandioso, magari grandiosamente sbagliato, ma pur sempre grandioso.

A cominciare da un protagonista che si piazza all'altro capo dello spettro rispetto a Luke. Un mascellone biondo, giocatore di Football, palestrato, granitico, anche un po' rigido. Molto rigido.


Senza parlare dell'inutile compagnia con cui scatta un improbabilissimo e assolutamente ingiustificato, amore a prima vista. Melody Anderson era aliena dalla sua controparte, Carrie Fisher, quanto il mascellone dal giovane e inesperto Jedi. Dove Leila era forte, mascolina e strafottente, il personaggio della Anderson invece incarnava tutti i tratti dell'eroina indifesa e sempre in pericolo tipico della cultura Pulp. Sono certo che la modernità del personaggio di Leila, non fosse minimamente frutto di una riflessione femminista, una lettura moderna della figura della principessa, ma bensì derivasse dall'assoluta incapicità di Lucas di scrivere un personaggio femminile, ma detto questo: funzionava.

Certo nel film di Flash erano altre le donne che colpivano l'immaginazione collettiva come un pugno allo stomaco che toglie il fiato.


Ornella Muti, con il culo a pizzo più bello della storia, viene punita dalla Melato... sangue dal naso!

Dove Star Wars riesce ad essere più puro di una barzelletta di Pierino, Flash è una chiacchierata fra camionisti feticisti. Ornella Muti, con quel vestito rosso ultrattillato, ha probabilmente fatto entrare nella stagione delle caldane più di un adolescente brufoloso. La Melato per tutto il film c'ha uno sguardo sadico da Mistress. Tutto in Flash Gordon, come dicevamo, è portato all'eccesso e oltre. Compresa la tensione sessuale, l'ammiccamento al limite (e oltre) il voglare. Ma gli si vuole bene anche per questo a Flash.

E in carrellata chiuderei ricordandovi la straordinaria (e sopra le righe) interpretazione di Max Von Sydow nei panni dell'imperatore Ming.


L'improbabile design di ogni singola navetta presente nel film.







Una colonna sonora che levati.





E, come si diceva nella recesione degli Orfani, un umore, che guida il film, una speranza che pare abbandonati di questi tempi. L'ultimo giorno in sala di montaggia avranno pur visto il risultato dei loro sforzi e si sono detti: ci può stare, nel mondo c'è posto anche per il film di Flash Gordon. E avevano ragione a crederci perché, sebbene al botteghino sia stato un flop, costato 35 milioni, ne ha incassati solo 27, Flash Gordon è entrato prepotentemente nell'immaginario collettivo forse anche per il suo coraggio.

Nota a margine. Non so assolutamente se sono stati davvero di ispirazione, ma le guardie dell'imperatore assomigliano straordinariamente alle guerdie vaticane de LoScorpione, che se non lo avete letto ancora, vi consiglio caldamente di recuperare.

Flash è tra noi!

MM


mercoledì 16 ottobre 2013

Orfani


Sarà lunga, quindi se avete da fare, se vi si bruciano le cose sul fuoco, se potete aprire questa pagina solo mentre il capo è in bagno, sappiate che Orfani è la migliore serie da edicola che potete comprare e che è dovrebbe essere la pietra angolare su cui costruire il futuro della Bonelli e del fumetto italiano in generale.

Ora, chi ha cinque minuti da dedicarmi, può beccarsi la director's cut della recensione con contenuti i relativi contenuti speciali:

Leggimi la quarta di copertina di un libro di fantascienza e ti dirò in che anno sei. 


La fantascienza è la cartina tornasole della situazione in cui si trova l'umanità in un dato periodo. Diffidate dei giornali e leggete Urania.
Qualche mese fa mio padre mi ha fatto recuperare Zardoz, un film di fantascienza del 1974 con un'inedito, e sinceramente village-people-stupendo, Sean Connery.

Dopo aver preso un po' in giro i costumi improbabili, gli effetti speciali ingenui e il ritmo devastantemente lento della storia, mio padre se n'è uscito con una riflessione rivelatrice. Ha guardato con un mezzo sorriso lo schermo e ha detto: - Certo che però all'epoca ci credevamo davvero. Nel futuro intendo, avevamo la speranza e la sensazione che il mondo non potesse che migliorare-
La fantascienza del 1970 stava proiettando gli umori e i desideri di un'intera generazione.


Orfani comincia con la distruzione della terra, un'attacco devastante ha raso al suolo intere città e ucciso la maggior parte della popolazione mondiale, l'unica speranza per la terra è un gruppo di ragazzini che verranno addestrati per combattere il terrificante nemico responsabile della fine del mondo.
Immagino che data la mia premessa iniziale e questa brevissima sintesi della trama di Orfani, non ci sia bisogno di spiegare molto altro. Viviamo in tempi interessanti e, per quanto Roberto Recchioni (lo sceneggiatore della serie) continui a dire che Orfani è un prodotto furbo, che serve a cercarsi nuovi lettori, a strizzare l'occhio alle nuove generazioni di videogiocatori... Orfani, in quanto fantascienza (aggiungerei: in quanto fantascienza scritta con i controcoglioni), finisce per essere lo specchio dei nostri tempi. 
Tempi senza speranza, anni di attesa, di attesa di qualcuno che magicamente ci proietti di nuovo verso le stelle. Vi ricordate quando l'uomo andava sulla Luna? Quando intere nazioni erano proiettate verso nuovi orizzonti inesplorati, sconosciuti, ma affascinanti? Io, no. E come me, nessuno dei miei coetanei. Possiamo amare all'impossibile la fantascienza di Asimov, quella dei mondi impossibili, delle invenzioni strabilianti e dell'umanità che abita intere galassie, ma la verità è che nessuno di noi ci si può davvero riconoscere. Orfani invece (drammaticamente) ha in se una eco familiare, ci si riconosce in quella totale mancanza di speranza. La vendetta è l'unico desiderio che ci si può concedere, l'unico obiettivo prefissato, l'unica cura al lutto.


Per questo mi piacerebbe sapere che Orfani lo hanno comprato tutti, ma sopratutto i miei coetanei, e anche più giovani, i figli della crisi, quelli che anche la cultura del nostro tempo ha abbandonato, quelli che vivono di nostalgia. A tutti questi vorrei dire che per quanto la storia di Orfani sia lo specchio di un mondo che non ci piace più è anche, di contro, la cura alle nostre pene, Orfani, in quanto prodotto, è il futuro in cui non credevamo più.

Momento Pappappero


Visto che la discussione stava assumendo un tono troppo serio e, in questo blog, a certe cose non siete tanto abituati, per sdrammatizzare vi dico che io la serie l'ho già letta tutta ed è un figata!
L'ho letta mentre Roberto ancora la stava sceneggiando, ho seguito passo passo la creazione delle stupefacenti tavole di quello che probabilmente è il miglior "cast" di disegnatori mai messo su per una serie, ho visto le tavole prendere vita grazie al lavoro di coloristi eccezionali. Mi sento fortunato e mi sento anche investito del compito di ricordarvi di continuo quanto Orfani sia il nostro futuro.


Se ci riuscirò, tornerò a parlarvi della serie di Recchioni e di Mammucari, vorrei farlo ad ogni numero perché nulla di quello che ora vi sembra chiaro nella storia lo è, niente è dato per scontato, nulla è definitivo...    

MM