Ho deciso di parlarvi dei candidati all'Eisner di quest'anno nella categoria Best Continuing Series, alla fine delle recensioni vediamo se ne abbiamo tirato fuori qualcosa.
Nominee for Best continuing series (o anche premio Image Comics):
Fatale, by Ed Brubaker and Sean Phillips (Image)
Hawkeye, by Matt Fraction and David Aja (Marvel)
The Manhattan Projects, by Jonathan Hickman and Nick Pitarra (Image)
Prophet, by Brandon Graham and Simon Roy (Image)
Saga, by Brian K. Vaughan and Fiona Staples (Image)
Per quanto la graphic novel si sta drasticamente imponendo sulla serie regolare, io continuo a preferire le mie ventiquattro tavole al mese, e in realtà le nomination a questi Eisner Award mettono d'accordo un po' tutti. E' indubbio che il seriale stia cambiando, ma penso lo stia facendo per evolversi. Sempre di più il tratto naif delle graphic novel sta entrando anche nelle major americane e, come stavamo dicendo, la categoria best continuing stories di quest'anno lo dimostra alla grande. Insieme al segno anche le storie iniziano ad avere un retrogusto intimista (vedi Hawk Eye). E' un bene? E' un male?
Secondo me semplicemente così è, ma vediamo assieme.
The Manhattan Projects:
[DISCLAIMER: in questo pezzo viene fatto un uso spropositato della parola graphic novel
senza chiedere scusa ogni volta per il termine improprio, denigratorio ecc...]
Amo leggere, amo leggere fumetti, amo leggere fumetti scemi in cui ci si mena tutto il tempo. Quando leggo fumetto popolare me lo godo davvero e, senza ombra di vanagloria, ma in totale onestà, penso: potrei scriverlo anche io. Magari peggio, ma ci riuscirei, fanculo la modestia, in parte già lo faccio. Mi capita anche di leggere graphic novel... quando vivi a casa con uno che le fa è inevitabile. In questo caso però le mie reazioni sono varie.
1- Belli i disegni, una sintesi invidiabile, certo che se poi capissi che cazzo significa la storia sarei davvero contento.
2- Ma davvero pensa di fregare qualcuno? Va bene la sintesi, ma se non sai disegnare scrivi un romanzo.
3- Mi ha fatto davvero schifo, ma ci sto pensando da una settimana. Sarà voluto? Mi doveva fare proprio così schifo?
4- Certo che... se a un certo punto si scopriva che poteva davvero correre cinquemila chilometri al secondo, era meglio.
Però una cosa rimane. Quando leggo graphic novel alla fine posso solo pensare: sta roba non la riuscirei a scrivere mai in nemmeno diecimila anni. E' una verità irrevocabile, mi manca la sensibilità, la raffinatezza, il gusto e, a essere sincerissimo, anche molto la voglia o l'intenzione. Però da scrittore è affascinante trovarsi davanti a qualcosa di irriproducibile per proprio conto. Per spiegarci, quando leggo il Batman di Snyder, sono felice come una pasqua, mi godo i rovesci di trama, le didascalie, i colpi di genio narrativi, ma sono anche sicuro che quel che ci divide è solo (dici poco) una sterminata conoscenza del media fumetto e una professionalità costruita negli anni. A tutto ciò il tempo può porre rimedio. Al fatto che secondo me un uomo in giacca e cravatta fa per forza di cose il killer e secondo Stefano Simeone invece e un impiegato, non c'è rimedio. Due campi da gioco diversi, proprio due sport diversi, due mondi a sè stanti... o forse no, forse i due mondi hanno iniziato a collimare e i loro figlioletti mezzosangue sembrano essere davvero come quei bastardi che vivono più a lungo e sono forti come tori.
In breve, ed evitando di fare spoiler, The Manhattan Projects, scritto da Hickman, disegnato da Pitarra e colorato con incredibile gusto dal terzetto Peter, Bellaire, Rosenberg, parla dei progetti segreti che venivano seguiti dal gruppo del progetto Manhattan... no, non la bomba, quella era robetta di regazzini, qui si parla di porte dimensionali, robotica avanzata, incontri con alieni, viaggi... un'altra volta, non sulla Luna, su Marte!
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La storia fa un grande uso dei flashback, realizzati dai coloristi con l'uso del solo blu e rosso. |
Quando ho letto i primi dieci volumi di Manhattan Projects la mia reazione è stata diversa da tutto quello che mi era capitato in precedenza durante le mie letture. Quello che ho pensato è stato: Non sarei ancora capace di scrivere nulla di simile, ma è proprio la direzione in cui voglio andare. The Manhattan projects ha una storia fuori di testa, ma ha il pieno controllo della narrazione. Niente buoni e cattivi, niente avventura in senso canonico del termine, ma anche una trama chiarissima anche se inusuale e protagonisti complessi e indefinibili nella classificazione eroe/villain/antieroe, che però funzionano e con i quali i lettori (con un po' di preoccupazioni per la propria salute mentale) facilmente ad empatizzare. Per quanto la storia sembri pazzesca e avere nel cast Laika (il primo cane nello spazio) Enrico Fermi (che scopriamo essere un alieno) e Eisenhower (resistito alla morte riversando la sua memoria in un super computer) non è proprio da tutti, The Manhattan Projects torna ad utilizzare un mezzo, o meglio un ritmo, narrativo che personalmente amo e si stava iniziando a perdere. Gli albi della serie sono autonomi, finiti in se stessi appaganti. E in un mondo del fumetto in cui il peso (della storia) di ogni singolo paperback si fa sempre più esiguo, la narrazione sempre più frammentata e frammentaria, lo stile adottato da Hickman è una bella novità-ritorno alla normalità.
I disegni e le copertine di Pitarra e i colori del terzetto citato più su, chiudono il cerchio creando un alchimia inaspettata fornendoci uno dei più riusciti esempi di fusion tra fumetto popolare e graphic novel.
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Thruman gran capo massone non ha prezzo... |
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...certo che però Einstein badass non lo batte nessuno! |
Direi di finire qui, torniamo sull'argomento nomination Eisner la prossima volta. Stay Tuned!
MM