E' davvero tanto gasante, ho paura a dire che ci sono grandi speranze, ma ho passato tutta la mia adolescenza a far finta di non essere un nerd. Quindi ora basta mi travestirò da capitan america e mi metterò su un cornicione con il coperchio di una pentola tinto di rosso blu e bianco!
Questa è una recensione in ritardo. In ritardo in tutti i sensi, perché ho visto il film in anteprima il 14 febbraio e perché il 14 febbraio di quest'anno era la prima volta in assoluto che vedevo Titanic.
Come vi dicevo era il 14 febbraio, la festa degli innamorati, quindi scontato che io andassi a vedere il film con il mio amico Cirincione e la solita coppia di amici Mary e Roberto, che probabilmente partecipano a un programma segreto di riabilitazione per terzi incomodi.
Il film parte, mi metto gli occhialetti convinto che, anche senza aver mai visto il film per intero ormai ne conosca quasi ogni scena e di certo non mi possa stupire più di tanto. E invece...
E invece Titanic 3D stupisce, stupisce perché mi ricorda com'è fare i film con tanti soldi, fare le cose in grande. Perché mi ricorda quanto e bravo Cameron che riesce a tenerti incollato alla poltrona anche senza il T-1000. Stupisce perché il 3D è eccezionale. Con questa conversione di un vecchio film non nativo, Cameron fa la voce grossa per dire -3D it's mine bitches!-
Naturalmente ci sta pure Celine Dion e le battute ultra smielate, ma c'è anche una piena consapevolezza, superate le gelosie puberali, che Leonardo di Caprio sia davvero inumanamente bello e Kate Winslet, la madre ideale dei miei figli.
E c'è quella scena favolosa in cui Rose si aggira con la scure sulla testa in stile marine, e la luce va via e in sala senti il freddo dell'acqua gelata.
C'è la genialità di uno script che fa muovere i due personaggi attraverso la nave mostrandoci ogni fase del suo affondamento e la genialità dell'antefatto ai giorni nostri con la simulazione dell'affondamento al computer che fa da legenda allo spettatore.
E c'è il Titanic, che è grande, che è grande quanto Cameron e quanto il film, che ci ricorda i bei tempi del cinema grande; perché al Sundance e a letto potrete anche mentire a voi stessi, ma in fondo lo sapete anche voi... le dimensioni contano.
Mi era sfuggita una notizia leggendo l'editoriale di Fatale l'altra settimana. Brubaker sta scrivendo lo script del film tratto dal primo numero di Criminal e pare anche che sia stato già scelto quel gran manzo di Michael Fassbender per rivestire la parte del protagonista mentre la regia sarà affidata a David Slade. Il regista inglese ha diretto il bellissimo Hard Candy, il contestatissimo 30 giorni di notte (mi rifiuterò di scrivere di buio) e il terrificante Twilight Eclipse. Sperando che quella di Slade non sia una spirale distruttiva, le premesse per un bel film ci sono e il debutto di Brubaker al cinema mi attira.
Dopo Fatale mi sono fatto un giro su comixology, nella sezione dedicata all'Image e ho comprato un po' di novità, quindi vi avverto che questa settimana vi beccate un sacco di articoletti su quanto sono fichi all'Image e di quanto io odi le major. Sì proprio dopo aver recensito praticamente solo il megaevento della DC me ne esco dicendo che le idee migliori stanno altrove. La verità è che difficilmente smetteremo di voler sapere cosa succede a Batman o a Superman, ma non bisogna dimenticare che quando sono usciti erano cose nuove, strane, rivoluzionarie. Mo vado a fotografare un po' di balene morenti con la mia leika, finisco la maratona dei film della vecchia edizione del sundance e poi mi decido a parlarvi di sto fumetto evitando di farlo sembrare un atto rivoluzionario. Mud Man è il classicissimo primo numero di un supereroe. Sento già i fischi in platea (quando scrivo immagino di essere al centro di uno stadio gremito di una folla esultante). Smettetela di gridare però, perché vi ho promesso il fumetto indipendente e lo avrete. Infatti sebbene Mud Man segua tutti i crismi delle origini dell'eroe riesce a instillare nuova linfa nel genere. Insieme al secondo numero infatti ricrea un'atmosfera a metà fra i film di Chris Columbus e i primi numeri dell'uomo ragno. I disegni di Grist, un segno da graphic novel (bleah!) prestato al fumetto supereroistico, fanno sì che la magia funzioni e direi anche che i colori di Crabtree, primo colorista di Invincible, completano il tutto regalandoci un prodotto graficamente gradevole e perfettamente in sintonia con la narrazione. La storia di Mud Man, come vi stavo spiegando prima che mi interrompeste con le vostre grida, è molto classica: Owen Craig è un ragazzino che, l'ultimo giorno delle vacanze estive, entra in una casa abbandonata per fare dei graffiti. Nella villa spettrale scopre una stanza segreta che ospita quella che lui stesso definisce una batcaverna, al cui centro si staglia uno strano costume. Segue un'azione concitata, degli spari di cui non comprenderemo la provenienza fino al secondo numero. Owen fugge attraverso la spiaggia piena di cartelli che avvertono del pericolo di finire nelle sabbie mobili formate dal fango, dopodichè il nostro eroe si ritrova nel suo letto, convinto che sia stato tutto un sogno. Unico problema, da quella fatidica notte il ragazzo è in grado di trasformare il suo corpo in fango.
Se fino a qui si gioca con i capisaldi del genere, la novità che mi ha fatto letteralmente adorare il fumetto sta soprattutto nell'ambientazione e nell'atmosfera generale. Owen non è un ragazzino americano che vive in una grande metropoli e frequenta una scuola pubblica, vive invece a Brnbridge on the Sea, una cittadina di provincia inglese che si affaccia sulla manica. Già dalle prime tavole è chiaro come la natura provinciale dell'ambientazione crei una sensazione di istintiva familiarità che non ci possono certo dare i grattacieli e i ponti sospesi e dia il via a una serie di dinamiche e di storie che hanno il gusto della commedia all'inglese. Ad aggiungere questa eco da film estivo per ragazzi, ci sono i primi villain che Owen affronta, proprio in quella casa disabitata in cui trova il suo costume, una coppia di ladri sullo stile dei due di Mamma ho Perso l'Aereo.
L'eroe provinciale e ragazzino di Grist mi ha convinto tanto da fare il mio primo abbonamento su Comixology, vi avviso se me ne pentirò, ma il supereroe mixato e shakerato con i teen movie anni ottanta non può fallire... non deve, altrimenti piango.
Fatale è il nuovo fumetto dell'ormai consolidatissima coppia Brubaker/Phillips, aiutati dal colorista di Hellboy Dave Stewart. Un cast stellare che ha trovato casa all'Image. La libertà assoluta degli autori è sempre stato un vanto per la casa dei fuoriusciti Marvel e Dc e, ora che la crisi globale del settore e le scelte editoriali azzeccate, hanno portato vendite della ribelle ad essere più o meno simili a quelle delle grandi major, la scelta Image diventa sempre più appetibile per molti autori. Il primo albo di Fatale dimostra la professionalità e la libertà creativa della casa americana. Anni '50 gangster e horror alla Lovecraft, un Phillips ispiratissimo e Brubaker che ammette nell'editoriale che non avrebbe mai potuto scrivere un horror senza mischiarlo al suo stile noir. Il mix funziona, l'atmosfera da detective story con, appunto, la femme fatale, l'eredità di uno scrittore e le messe nere a chinatown sono la cornice perfetta per quella che, ci avverte sempre Brubaker, sarà una storia lunga e complessa. Non posso fare altro che lasciarvi a qualche tavola di anteprima e invitarvi a comprare l'albo e godere con me di Fatale.